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venerdì 22 gennaio 2010

Giornalista pubblicista in cerca di lavoro.




Oramai da tempo sono in cerca di lavoro, il mio lavoro, giornalista, ma a quanto pare la cosa non è semplice. Infatti sino a quando presti la tua opera gratis trovi chi ti pubblica ma lavoro, ovvero, tu lavori e qualcuno ti paga, anche una misera, ma ti paga, non è disponibile.






Divertente andare in giro per redazioni, inviare curriculum a destra e a manca, senza andare in goal. A quanto pare in Italia sono tutti giornalisti...






I più educati e con il cuore in mano terminano il colloquio con una frase che ritorna sin dal giorno della laurea: Credimi, lascia perdere, non c'è posto, nè soldi. E' saturo.




A dire il vero mi sono pagata gli studi e oltre, facendo il clown. Provengo da una famiglia di artisti alla Immaginarium dr. Parnassus, loro desideravano, mio padre maggiormente, che studiassi. E io ho ubbidito ciecamente.






Il giorno della laurea mi ricordo che andai dal docente della tesi, un ubriacone che aveva tentato il suicidio colto da delirium tremens qualche giorno prima, e chiesi se avessi, anche gratis, potuto fare la ricercatrice all'interno dell'istituto. Egli, dopo uno sbuffo acido, forse dovuto all'alcool, mi rispose, con tono paterno: Credimi, non c'è nè posto, nè soldi. E' saturo.

Ok, non mi persi d'animo. Continuai a fare il clown.






Andai presso la testata di un telegiornale, sono vigliacca e spero ancora di entrarci per questo non faccio nomi, d'altronde sono italiana. Incontrai tutti i giornalisti della redazione. Mi dissero a chiare lettere, quasi in uno iato reattivo ( si nota che ho studiato molto?): Non c'è nè posto, nè soldi. E' saturo.



Ebbi l'opportunità di avvicinarmi alla tragica realtà italiana, perchè un tipo mi svelò:
-per entrare devi operare un forte investimento oppure devi avere una bella raccomandazione. hai una raccomandazione?
-No, nonconosco nessuno.
-la tua famiglia è ricca?
-No, campiamo a stento e tutto quello che avevano lo hanno investito nei miei studi.
-Allora cambia obiettivo, cara, ti conviene.
- Ma io sono brava
- Immagino ma è dura, credimi, è saturo.

Continuai a fare il clown.
Con il magone nel cuore, in via del tutto subordinata, cominciai a fare la pratica per diventare avvocato. Me la cavavo piuttosto bene. Nel giro di poco avevo già i miei primi clienti, senza legame di parentela o amicizia. Ma continuavo a fare il clown.

Dopo qualche anno misi il mio studio legalino senza prestese,un appoggio per lavorare.

Ma anche lì accadde la solita storia.



Spesso incontravo persone che mi dicevano la stessa frase: Benedetta ragazza, fai concorsi, esplora nuovi orizzonti. lascia perdere laprofessione d'avvocato. E'satura!


Io intanto lavoravo più come clown che come avvocato.

Alla fine seguì anche questo di consiglio.



In effetti Pescara è piena di avvocati, per ogni abitante se ne conteranno almeno due.



E poi avevo subito anche delle minacce...



Non mi piaceva più...



E così dopo aver mandato a cagare una commissione importante che si diverte a rovinare il futuro di chi non porta l'etichetta e non è protetto da nessuno, cambiai ancora.



Questa volta cambiai sul serio. Aprì la mia libreria, mi dedicai all'imprenditoria.



Wow! Fu come buttarmi giù dall'Himalaya senza corde e paracadute.



In Italia ci sono quelli che fanno i salti mortali per campare e forse riescono a sopravvivere e poi ci sono gli altri. Gli altri sono quelli che magicamente diventano ricchi.

Io appartengo alla prima di categoria, quella che non sopravvive però. In quegli anni non feci più il clown.



Ok. L'imprenditoria non faceva per me. C'ho provato! E' andata buca! Acci picchia! Perbaccolina!






Andiamo avanti.



Intanto il mondo contava una infinità di clown, Dottori clown, avvocati clown, studenti clown, clown di strada, clown per feste, per centri commerciali, fast food clown.



Smisi definitivamente di fare il clown.



Diventai giornalista però. Che sogno.



Quel tesserino dell'ordine quando lo guardo mi dà soddisfazione ma non lavoro.



Non è semplice, corbezzoli.






Una sera ero tanto triste e sconfortata.



Andai a casa da amici ormai avevo perso la tramontana.



Di tutta la mia vita da cittadina media, mi era rimasto solo un piccolo sogno: quella tesserina con foto, tra l'altro uscita malissimo.






Il figlio dei miei amici, Alessandro, 4 anni, mi chiese di poter fare una sorta di inventario nella mia enorme borsa ormai vuota.



Cacciò il mio porta documenti e sbirciò, quando rimase colpito dalla mia tesserina. Mi chiese di poterla tenere per la durata della serata, sino al momento della nanna.



Io acconsentì perchè per la prima volta qualcuno guardava con i miei stessi occhi quella che per me era stata una grande soddisfazione.



A volte bisogna attaccarsi a tutto.






Alessandro, seduto sulla sua seggiolina, davanti alla tv, ammirava ogni tanto questa tessera.



Questo mi diede coraggio e carica, lo interpretai come un messaggio dall'infinito. O forse ho voluto solo io vederci questo. Mah!



Così mi misi nuovamente a cercare e battere tutte le redazioni, inviando il curriculum.






Non ho ancora trovato lavoro.
Qualcuno mi consiglia di fare la panettiera, qualcuno la pizzaiola, ma alcuni giornalisti parlano senza cognizione di causa. Quelli sono lavori in cui devi veramente avere le palle per farli. Nè io, nè loro le abbiamo a quanto pare.


Scrivo questo post perchè sono molto amareggiata.



Ogni lavoro intellettuale che preveda istruzione, una laurea, un minimo di cultura sembra che sia sbarrato da una frase: Nè posto, nè soldi. E' saturo.


Ma va bene lo stesso.



Come dice una canzone della Nannini: cercherò e un giorno troverò.



Nel frattempo mi sfogo, solo per non perdermi d'animo.



Perchè questo credo sia importante, seguire gli impulsi del nostro ritmo interiore e cercare, vivere, capire.