Non solo Montesilvano: i tuoi comunicati stampa, proposte, lettere, notizie

Quando ridi sei sempre in compagnia ma quando piangi...piangi da solo.

martedì 17 novembre 2009

Luoghi in Italy

Sepino
Capanna eneolitica in Abruzzo

Porta magica Roma


Loreto marche



Montesilvano

Sicilia

Seguire le regole?


Da qualche giorno mi chiedo se seguire le regole è cosa buona e giusta.

Da sempre ho avuto la curiosità di capire l'origine della regole che limitano la nostra libertà a favore di una intera società. E decisi di seguirle per rispetto e per fiducia di quella società che mi ha permesso di studiare e avere altri servizi.

Le regole sono il mezzo per la pacifica convivenza, tutti dovremmo seguirle, in rispetto dei valori alla base di una comunanza del vivere che dovrebbero aiutare a migliorare lo stile di vita di tutti gli aderenti.

Le regole nascono da una volontà comune, almeno così dovrebbe essere, a raggiungere una certa stabilità e certezza dell'azione.

Se sappiamo che un dato comportamento lede la società intera dovremmo capire che una regola è utile monito per evitarci di commetere azioni che si ripercuoterebbero su tutti.

Nel dubbio dell'azione ci sono sempre le regole. Questa è la certezza della regola.

Se vogliamo intraprendere un iter all'interno della società ci sono le regole che spiegano quali passi dobbiamo fare.


Ma cosa accade se nel sistema si apre una falla?

Se le regole non vengono rispettate dalla maggior parte dei cittadini?

Ancor più terribile: cosa accade quando le regole non sono più sufficienti ad arginare l'insoddisfazione delle persone?

Cosa accade se si scopre che accanto alla regole scritte, accettate da tutti, rispettate dai diligenti cittadini, da sempre ci sono state regole non scritte, mai accettate, completamente contrarie alle regole stabilite? E se queste regole occulte fossero in segreto seguite dalla maggior parte dei cittadini per raggiungere i loro scopi?

Cosa accade?

Cosa dovrebbe fare chi invece ha preso per buone e seguite le regole riconosiute da tutta la società?

Se chi è riuscito seguendo le regole occulte a realizzare i suoi scopi a danno di chi ha sempre seguito le regole manifeste, queste regole alla base di una società sono sempre valide?

E' giusto seguirle ancora, se questo comporterebbe la perenne sconfitta?


Spesso, proprio da alcuni genitori, sento dire: fatti furbo, figlio mio.

Cosa significa?

Chi segue le regole non è furbo? E' un'idiota?

Perchè accade questo?

Dove è l'errore?


Dovremmo ripettare chi ottiene posti d'onore nella nostra società, a prescindere del suo potere, a prescindere dai favori che potrebbe farci. Invece le persone vengono rispettate solo per il potere, fama e denaro.

Bisognerebbe stimare una persona a prescindere da questi valori, ma per la sua saggezza. Dovremmo pensare: quella persona merita quella posizione, perchè sa quello che sta facendo.


Gli idioti che scelgono di seguire le regole cosa dovrebbero fare?

Gli intellettuali pentiti.

giovedì 12 novembre 2009

Come dentro così è fuori...


Fino a qualche mese fa la mia casa era completamente invasa da libri. Residuo di un periodo della mia vita: Bookcafè.
Non riuscivo a pulire la casa, a ordinarla e anche dentro me ero abbastanza scombussolata. In cuor mio, per un periodo, avevo pensato di lasciare tutto così. Ero dell'idea che tanto non sarebbe cambiato nulla. Poi con il tempo ho realizzato che il mio disordine esterno era gemello con quello che avevo dentro me. Provavo gioia nel regalare ad amici quello che per me è veramente importante nella società, libri. Ma qualcosa m'impediva di darli tutti, avidità, senso del possesso, materialità. Forse la fase finale di un processo che stava, doveva volgere al termine. Alla fine cominciai a trovare il coraggio di donare quello che più amavo a chi ne avesse bisogno. E l'ho fatto, con un taglio netto. Ho tenuto le mie scorte per sopravvivere e difendermi dalla stupidità del mondo e ho donato i libri.

Tutto è cambiato. Sapere che i libri che tanto ho amato, per cui ho fatto pazzie, ora sono a disposizione di tutti, mi dà sollievo e gioia.

Mi chiedo se quella pazzia, la libreria, abbia avuto un senso nella mia vita. Io dico di sì.

Provengo da una famiglia di artisti, da un ambiente girovago, e ho conosciuto tante cose nella mia vita a cui non sapevo dare una collocazione. Volevo capire. Nonostante gli studi giuridici mi mancava ancora tanto da impare per trovare una parte di quelle risposte. E nella vita ad un certo punto le risposte devi cercarle da sola. Nessuno può aiutarti.

Io mi sono inventata un modo per scoprire come cercare: vendere libri a gente che legge i libri. Certo per mettere su tutto il teatrino ho combinato una marea di casini che hanno infettato le vite di tante altre persone. Molte non l'hanno presa bene. Mi dispiace...Ma nessuno le ha obbligate. E poi sin dall'inizio la mia impresa non si mostrava una invenzione come quella della Microsoft.

Certo ho sofferto e penato, 7 mari ho attraversato e la vita non mi ha aiutata in questo periodo ma... senza sacrificio non accade nulla. Non trovi nulla. E' buffo ogni volta che le cose andavano lisce poi dietro c'era il trucco, incappavo nei trabocchetti della vita. Alla fine della strada trovi sempre un crepaccio e se hai preso la rincorsa ci caschi dentro. Ma l'importante è uscirne. Alla fine tutte le strade hanno un crepaccio ma il trucco sta nel saperlo, sia la strada in discesa senza ostacoli o sia il contrario, irta di pietre e spine, termina quasi sempre con il crepaccio, ma quando sai questo non corri più, vai piano, così, se arriva il crepaccio, ti puoi fermare in tempo.

Oggi dopo tanto ho trovato. Cosa? Le risposte? Oh, no, non sia mai. Ho trovato qualcosa di più importante: le domande giuste.

Una buona scuola forse è questo che deve fare, generare le domande giuste. Ho inventato la mia scuola e quanto l'ho pagata (pago ancora).

Ringrazio tutti coloro che sono stati avventori del mio mondo. Loro sono stati i miei insegnanti. Sia i buoni ma ancor più i cattivi, sia gli intelligenti sia gli idioti, sia gli indulgenti sia quelli senza pietà. Ma più di tutti ringrazio quelli che mi hanno fregato, truffato, tradito, si, insomma, quelli che mi hanno fatto piangere lacrime e sangue perchè mi hanno mostrato un volto dell'umanità che ignoravo, che non pensavo di incontrare e subire. Spero di aver fatto inquietare (anzi incazzare) queste persone almeno un quarto di quello che hanno fatto loro a me. Solo per non fare la figura della bacchettona, qualche colpo, magari, l'ho dato anche io.

Ora che la mia casa non è invasa dai libri, ma quelli rimasti sono solo quelli che hanno un loro posto sulo mobile, qualcosa è cambiato anche in me. Più ordine, più spazio.

Spazio per le domande.

Domande che appaiono, trovano la risposta e vanno via.











Daimon intorno a me


























































martedì 3 novembre 2009

La guerra fredda del pensiero: i vincitori è meglio che vadano in tv

Inibito, a volte confuso, il pensiero tace e lascia parlare gli altrui fenomeni tesi ad un solo obiettivo: vincere sugli altri.

Mi chiedo se un solo pensiero abbia il diritto di imperare sugli altri. Ma ancora maggiore è la mia curiosità nel cercare una risposta a questa domanda: perchè un pensiero dovrebbe far soccombere gli altri?

Come può accadere?
Negli ultimi tempi le persone esprimono a mala pena le loro opinioni. Ci sono solo pochi fiumi e gli altri sembrano prosciugati. Nessuno ha la forza di far scorrere acqua.
-Le conversazioni sono surreali ma non ha importanza.
-Cosa pensi quest'anno andrà il colore grigio?
-Io non seguo la moda.
-Ma cosa c'entra?
- Se andrà il colore grigio, mettiamola così, io indossero i colori che mi piacciono.

La maggior parte delle persone vuole essere imboccata su ogni cosa. Non combatte più neanche per difendere la propria volontà. Anzi la fa tacere in favore di ciò che è esterno a lei. E' pazzesco!
Oggi tutto funziona così:
- Oggi vuoi mangiare il pollo o la minestrina?
- Io vorrei il riso.
- Pollo o minetrina? io non ho tempo da perdere.
- Ok, capisco ma posso prepararmelo da sola.
- Pollo o minestrina?
- Vedo della cicoria, magari mi posso lessare la cicoria?
- Pollo o minestrina?
- Resto a digiuno.
-Pollo o minestrina?
- Ma perchè devo scegliere tra due cose quando le scelte sono infinite.
-Pollo o minestrina?
E le scelte scartate che fine fanno?
Vengono buttate o messe in un cassetto, lasciate a prendere polvere.

Perchè il pensiero si è ridotto così?
Tutti vogliono strappare il fiocco della giostra e vincere un'altra corsa ma sono talmente presi a cercare di vincere che hanno dimenticato di godersi questa di corsa, contando che solo uno potrà vincere, a volte non ci sono vincitori alla fine della corsa.
Si dice "che vinca il migliore!" ma ho capito che il migliore è quello che imbroglia, il prepotente, inconsapevole mezzo di un sistema che o prima o poi danneggerà anche lui.

Mi chiedo, inoltre, che fine fanno i migliori che non vincono?
Vivono allo stesso modo di sempre. I migliori aiutano le persone ogni giorno, non si tirano indietro davanti al dovere, mettono a disposizione di chi ha bisogno quello che sanno fare.
Forse è giusto che i migliori non vincano altrimenti intorno a noi avremmo solo i peggiori. I vincitori è meglio che vadano in tv.

giovedì 17 settembre 2009

Non guardare mai gli occhi dell'altro se non vuoi portargli via un pezzo di Anima

Come pistoleri si cammina di spalle lentamente
lo sguardo è abbassato
il primo che lo alza è fottuto
se non è il più veloce a prenderti un pezzo di Anima.

Cosa te ne fai del mio pezzo di Anima, bastardo?
Non posso richiederla indietro.
Non funziona così, amico.

Ti sfido ad un altro duello,
questa volta mi riprendo ciò che mio
e sarò io a rubarti un pezzo di Anima.

Di nuovo di spalle si cammina lentamente ,
sento che sei fiacco e triste,
non sei più il pistolero dell'altra volta.

Mi giro e alzo lo sguardo prima di te.
Non voglio un pezzo della tua Anima.
Mi riprendo solo la mia. Bastardo!

La porta

Nel muro di cemento
vedo ancora la porta attraverso cui passò,
una porta aperta solo per lui.
Ma può finir così tanto amore?

La porta si può aprire da un momento all'altro
ma il viaggiatore sa quando sta per essere chiamato.
Lo sa e non lo vuole dire.
Lo fa intendere solo a chi ama.
Ma non sempre chi ama intende.
Non sempre chi ama vuole intendere.

Certe verità si capiscono solo con l'Anima.

Un guscio vuoto
che non ha più senso
il viaggiatore lasciò sul letto
ed io che sapevo potei solo salutare da lontano.
L'eredità preziosa? Tanto, tanto, tanto amore.
Sono la più ricca del mondo.

nasciamo soli e moriamo soli

Nasciamo soli e moriamo soli
un'atrocità che dissi a mia madre.
La spinsi nel burrone della morte,
la mia rabbia e la mia violenza,
come in esorcismo demoniaco,
vennero assorbite da lei
che le portò via con sè
liberandomi.

Morì in compagnia delle mie impurità,
degli spiriti malvagi che albergavano in me,
mi salutò non guardandomi negli occhi
ma mi salutò.
Quando arrivò a destinazione
illuminò le miei ombre
con un messaggio eterno:
ti amerò per sempre.

Il sacrificio di sangue

Lo sciamano sgozzò il bufalo
ringraziando gli spiriti della caccia.
La tribù esplose in urla liberatorie.

Al convivio parteciparono tutti
ognuno contribuì al sacrificio di sangue
consapevoli del fatto che oggi sarebbero stati risparmiati.

Non rimase nulla delle carni e del sangue della vittima sacrificale.
Sarebbero passati giorni prima che il vortice della violenza
richiedesse un altro sacrificio per essere placato.

Gli Dei

A chi parlano gli Dei?
Soli nel loro mondo
senza specchi in cui guardarsi dentro.
Non intervengono nelle misere vite degli uomini piccoli,
uomini vinti dalla paura
uomini accecati dall'illusione della certezza.

A chi danno il loro amore gli Dei?
Alla natura stanca delle violenze degli esseri che lei stessa ha generato.
Vittima della loro avidità disperata
che cela soltanto una patetica ricerca di vita eterna.

In una rincorsa allo spirito
qualcuno è andato troppo avanti,
perse il traguardo e i compagni di percorso.
Questi sono gli Dei?
Tornano indietro mai gli Dei?
Ricominciano dal principio gli Dei?

C'è ancora chi cerca l'Oro?

Indifferenza che uccide
l'arma del guerriero spaventato di oggi.
C'è ancora chi cerca l'Oro?
Il vil metallo non è mai stato trasformato, no.
Il vil metallo ha preso il posto dell'Oro
perchè i Guerrieri coraggiosi e sapienti si sono estinti
e i piccoli uomini non sapendo trasformare
hanno tutti deciso, in tacito accordo,
che il vil metallo, anche restando tale, può fungere da prezioso.

Indifferenza che uccide
l'arma del sedicente guerriero di oggi
vigliacco e perfido
ladro e bugiardo.
Nè troppo piccolo come un un seme di senape
nè troppo grande come l'infinito.
capolinea
nessun luogo è casa
la terra è una prigione
l'universo sembra avere un capolinea.
Dove può trovare conforto l'Anima?
Dove?
Se qualcuno lo sa, me lo dica per favore!

martedì 15 settembre 2009

Cerca il Demone silenzioso che vive dentro te!


Quel sordido e costante flusso che scorre nel fondo dei pensieri, non ci lascia mai in pace, cos'è?


Una presenza invisibile che forse è nata con noi o ci ha raggiunti in una notte di luna piena quando l'Anima ne aveva sete e con un rituale segreto, a nostra insaputa, lo ha evocato.


Da quella notte quel flusso vive e alberga in noi, ci chiama, urla, scuote la nostra ragione, la prende per i fondelli e a volte, perchè mentire, ci danneggia. Perchè?

Quella presenza potremmo paragonarla a un Demone che esiste per parlare solo con noi. Noi che non ascoltiamo perchè terrorizzati dalle sue immagini di un mondo diverso, forse migliore.


La parola Demone, che da secoli ha assunto un significato orrendo, paragonato al Male in essenza, in passato per i nostri antenati non aveva nulla che fare con il concetto che oggi è conosciuto.

Demone, nella sua etimologia proviene da Daimon, che è indicato come genio dai poteri sovrumani e ci spinge ad azioni che solo noi possiamo portare avanti.

Nei siti archeologici quando visitiamo le antiche case patrizie, si può notare che una stanza della casa era dedicata ai Lari, protettori delle persone della famiglia.

In tutte le civiltà antiche venivano venerati gli Dei protettori del popolo e nel privato spiriti personali che proteggevano e consigliavano la persona, parlando attraverso il soffio di vita che anima ognuno. Un canale privilegiato e impenetrabile.


Perchè con il tempo queste figure sono diventate da amici e guide, entità spaventose dal volto oscuro e impietoso da cui stare alla larga?

I nostri antenati ascoltavano la guida interiore e saggia. Poi questa guida da saggia divenne malvagia e capace di spingere le persone ad azioni nefaste.


Qualcuno pensò forse che la Libertà, che comprende una dose massiccia di spiritualità e convinzioni personali, doveva essere contratta, limitata, non da fuori attraverso regole, quelle non bastavano più, ma da dentro, immettendosi in quel soffio vitale che parla alla persona, il canale privilegiato del daimon. Ma tale passo non prevedeva che quel soffio era impenetrabile e segreto per ogni estraneo pensiero, così non potendo sdradicare il Demone che viveva e guidava il singolo, pensò bene dichiararlo il Nemico dell'uomo, colui che spinge a azione nefande e crudeli.


Da quel momento venne operata una scissione nell'interiorità dell'Uomo, più orrenda della bomba nucleare, perchè un'arma letale fu inserita in ogni essere appartenente alla società civile, per trasformare la parte più libera e importante dell'Uomo, l'unica parte che può mostrargli il vero senso della sua personale esistenza, in suo nemico. E come ti salvi da questo?


Esiliato il frammento di luce, il divino, il genio di ogni singolo Uomo, restò solamente una figura sovrumana che imperava su tutte. E ogni piccolo golpe, rivoluzione che la particella da dentro osava fare veniva messa a tacere dalla ragione che ormai aveva accettato in pieno un solo genio per tutti mai da tradire, offendere, nemmeno per la propria felicità.

L'uomo ha accettato di mortificare la sua esistenza e sacrificare la sua felicità per un solo genio, trattando il suo personale come una zia ubriaca che spara cazzate.


Ma un genio vive in ognuno di noi. Alcuni senza poter mettersi in contatto con il proprio genio impazziscono e allora sì compiono azioni nesfaste.

Ogni Uomo ha dovuto sopperire a quiesta mancanza in qualche modo. Chi diventa fanatico religioso, chi vive per le ricchezze materiali, chi per il sesso, chi si ubriaca e sballa, chi si assilla il prossimo e lo controlla e chi vive per il potere e più ne ha e più ne vuole, perchè il potere del daimon non può essere sostituito rubando il potere di altri. Ma alcuni pensano che la sensazione effimera e passeggera del potere e della fama possano farlo. E' solo una squallida e patetica illusione. Nessuno può rubare il potere personale a nessuno.


Ed ora?

Il Genio, l'unico che è dalla nostra parte, è tenuto a distanza, soffre per noi, vorrebbe parlarci, immttendosi ancora nel soffio dell'Anima, l'unico canale libero e privato che nessuno al mondo può occupare. Ma quel canale lo abbiamo chiuso, quelle rare volte che lo apriamo per caso lo temiamo.


Ecco cos'è quel flusso doloroso, che circola alla base dei nostri pensieri e urla, gioca disperato, si proietta ovunque per farsi sentire, notare ma noi non lo ascoltiamo perchè qualcuno per contrarre la nostra libertà lo ha messo al bando, dicendoci che è una forza malvagia.

Ma chi è malvagio? Chi ci allontana da noi stessi e dalla verità per dominare la nostra natura e negarci la felicità? O chi vuole parlare solo con noi e non ci tradisce, non ci farebbe mai del male, ma vuole solo la nostra libertà più autentica e felicità?


Cerca Il Demone silenzioso che vive dentro te e nutrilo.

martedì 28 luglio 2009

Daimon, partecipe al divino. Non ha nulla che fare con satana nè con demone.





Confucio sottolineava un fatto importante: le proiezioni delle nostre caratteristiche personali sono male sia quando sono positive sia quando sono negative.


Ho dato, scioccamente, per scontato che ormai Daimon, il suo significato, fosse conosciuto abbastanza da non confonderlo con qualcosa di ultra satanico. Questa errata percezione è nata da un sillogismo che partiva da premesse completamente false. Negli ultimi anni tutti apparivano appassionati di manga e cartoni animati che spesso nominavano il Daimon, tutti apparivano appassionati di libri, film, fumetti fantasy che indicavano il Daimon come qualcosa che non ha nulla che fare con il concetto di Diavolo ma, come al solito ho errato. E dato che lo stesso Confucio consigliava che se fai un errore devi rimediare perchè quello sarebbe il vero errore imperdonabile, io tengo a sottolineare, come sempre si dice negli ultimi anni, che


Daimon significa partecipe al divino.





E' importante non aggiungere nulla perchè poi ogni essere che cammina su questa terra ha una sua immagine, credo, visione del divino. Quindi il resto, per quanto lungo, interessante e importante lo deve compiere il singolo individuo.





Mi dispiace che alcuni, soprattutto giovani menti, continuino a pensare al Daimon in termini ben lontani da questo, senza andare a scoprire su un libro o su internet il suo significato. Significato che si trova in primis nella Repubblica di Platone, nel celebre Mito di Er, e poi nella sua ampia letteratura. Ad esempio una idea si può cominciare ad abbozzare leggendo "La bussola d'oro" di Pullman. Per i più pigri consiglio il film.





Insomma, vi prego, non pensiate al Daimon come ad una macabra divinità, perchè questa sarebbe solo una vostra proiezione. Se accade non accusate la scrivente di essere una Pitonessa di Apollo o una sacerdotessa del Male, ma cercate di guardare dentro voi, se ne avete il coraggio e cercate di sconfiggere le tetre ombre della vostra coscienza.





Comincio a credere veramente che siamo noi a dover organizzare la simbolica del nostro cervello, legando noi immagini e concetti. Questa è libertà di scelata. Non dobbiamo aver paura di compiere questa azione di riordino delle immagini, anche se si devono impiegare coraggio e forza. E' arrivato il momento di sapere, conoscere la verità delle cose e questo è un lavoro che solo ognuno di noi, individualemente ma con l'aiuto del mondo, può affrontare.





Qualcuno potrebbe chiedere, a giusta ragione:


A che serve? La vita è talmente breve...





Forse è qui il punto: cominciare a fare cose che apparentemente, per i criteri fondamentali dell'ego e dell'attuale società, non servano a nulla. Ma proprio nulla!





Se uno chiedesse:


Leggere e informarsi, fare un viaggio dentro le mie paure mi darà più soldi?


Debellare le mie false credenze mi darà un lavoro remunerativo? Rapporti sessuali con gente bella, ricca e famosa? Una villa? Uno yacht?





No. Non credo proprio. Ma aiuterà solo a capire che...





Daimon significa partecipe al divino e non Satana, Belzebù o Demone!





Daimon, Daimon, Daimon e non Damon!

lunedì 22 giugno 2009

Il mio maestro viene da lontano

Il mio maestro viene da lontano
carico di saggezza e buon umore.
Gioca con il mondo e con se stesso
spontaneo come un fanciullo,
curioso come un gatto,
ama gli scherzi pesanti
e passeggiare lungo i fiumi delle città del mondo.

Il mio maestro viene da lontano
ma è sempre stato vicino alle mie emozioni.
Ha gioito insieme a me
ha sofferto in disparte per i miei dolori
e quando sono stata vittima di me stessa
mi ha punito con suoi silenzi.

Il mio maestro viene da lontano
ma ha sempre saputo dove ero.
Mi conduceva nel mare del pensiero fecondo,
nel cuore pulsante dell'Universo
nel vento aspirale delle più antiche passioni divine.

Il mio maestro viene da lontano,
è sceso nelle profondità della Terra
nera, più nera della pece
ed è tornato per indicarmi la strada.

Il mio maestro è andato lontano
e lo ha fatto per me,
è arrivato dove io non osavo addentrarmi,
e mi ha detto: " ho scavato sino in fondo, l'ho fatto per te,
ora il tunnel devi percorrerlo da sola."
Ho seguito la strada che mi aveva preparato.

Il mio maestro mi ha mandata lontano,
ho sempre saputo che amava gli scherzi pesanti,
e ora non so dove mi trovo.
C'è luce in questo posto ma mi sento tanto sola.
Lo chiamo, lo imploro di rispondermi,
urlo e a volte lo mando al diavolo,
ma io non so se mi ascolta, mi gioca uno scherzo o non può raggiungermi.

sabato 20 giugno 2009

C'è un luogo nel mio cuore che si chiama Tara


C'è un posto magico, dove il verde è selvaggio, gli animali pascolano indisturbati tra resti archeologici e profumi di fiori ed erba. Nella regione del Meth in Irlanda, a 40 minuti da Dublino, c'è la terra degli antichi Re Irlandesi: Hill of Tara o come viene chiamata dagli autoctoni Tamhair.

Tara è magnifica! E' attraversata da acque fresche e dolci sotterranee, che gli abitanti indicano come Holy Wells, pozzi sacri. Le donne che bevono da quella sorgente possono iniziare un viaggio nella loro spiritualità e nel loro lato femmineo. Gli uomini che ne bevono saranno toccati dalla saggezza e dalla energia delle acque. Tara è l'antica terra dei druidi e della magia legata alla natura.

Si dice che in questa terra, nella valle del fiume Boyne, sono passati tanti popoli, uno dei quali è quello dei Tuatha De Dan, in difesa di chi già abitava quella terra e grandi maestri spirituali. Il Boyne, sacro per gli irlandesi, custodisce il ricordo di battaglie, storia e soprattutto spiritualità. In questo sito, fatto a forma di otto, si possono ammirare i resti di antiche civiltà perdute, a partire dagli neolitici e eneolitici. C'è il tumulo chiamato Mountain of hostage, ivi racchiusi misteriosi simboli intarsiati su grosse pietre, non ancora decifrati con certezza dagli studiosi ricercatori.
Tre sono i simboli divini del primo popolo che abitò Tara, la Lira, una spada e una pietra, chiamata la pietra del destino. La pietra dei RE.
Tara è sito libero e aperto a tutti. Nell'era del consumismo più sfrenato Tara è l'unico luogo che ho visto spoglio di consumismo. A Tara ci sono un discreto caffè, dove si possono acquistare singolari ricordini, un minuscolo emporio e una libreria di antiquariato, Old Bookshop, all'interno della quale troviamo Mr. Michael Slavin. Un simpatico e gentile libraio di altri tempi che è sempre intento a restaurare vecchi libri.

Comprai, nel 2006, una edizione di fine '800 delle operette morali di Leopardi a 4,50€. Mr Slavin è ancheuno scrittore, ha pubblicato libri sulla antica storia della Terra dei Re. Le sue ricerche sono veramente interessanti e uniche.

Gli odori, i colori, l'atmosfera, che si possono avvertire entrando in questa affascinante libreria, angolo di Paradiso nel mondo, mi trasportano in altri tempi, in altre dimensioni. Attraversata la porta di legno dell'ingresso di questa splendida dimora del libro antico, si entra in una interiorità particolare e suggestiva. Io adoro Tara, tutta le regione del Boyne è un dono del cielo! Si possono trovare libri antichissimi o semplicemente vecchi su tutti gli argomenti, in particolare sullas toria e la tradizione mitica della terra d'Irlanda.
Due anni fa tornai a Tara e mi ferì sapere che una multinazionale voleva costruire la M3 motorway, che secondo i protestanti avrebbe distrutto la mitica valle del Boyne, selvaggia e dal verde incontaminato.
Ho visto gli attivisti irlandesi organizzare un silenzioso e pacifista sit-in di protesta, accampandosi con tende nella valle del Boyne, per informare su quello che le multinazionali intendevano fare. Un grido d'aiuto per la difesa di un patrimonio che riguarda il mondo intero.

Qualcuno voleva sporcare il Paradiso e degli angeli erano lì a difenderlo. Questa fu la mia sensazione.

Ci sono diversi gruppi, tra cui Love Tara, che si sono attivati per difendere Tara e la valle del Boyne; secondo queste associazioni, la valle del Boyne, in cuitra i tanti siti c'è anche Newgrange, la tomba più famosa d'Irlanda, potrebbe rischiare di non entrare a far parte dei territori protetti dall'Unesco. Ma il ministro dell'ambiente irlandese pensa che tale motorway non possa influenzare la decisione dell'Unesco che dovrebbe assegnare il Boyne tra i territori protetti. Ma sarà vero? Gli attivisti sono portati a credere, secondo gli studi di ricercatori, che oltre 40 siti archeologici pre cristiani e antichi cimiteri sono stati distrutti per porre le fondamenta della M3 motorway.

Per chi volesse saperne di più, ecco il sito: http://www.savetara.com/

Per chi volesse aderire alla petizione al ministro dell'ambiente e firmare affinchè possa essere evitata la distruzione di questo patrimonio universale ecco il sito.

Io ho sottoscritto. http://www.petitiononline.com/mod_perl/petition-sign.cgi?Temair

Se c'è un posto magico perchè non difenderlo?

sabato 13 giugno 2009

Il giardino magico di Parigi

In una strada del centro della citè di Parigi c'è una antichissima Chiesa medioevale, Saint Julien le pauvre; accanto c'è quello che per me è il più bel giardino della città. Un piccolo angolo di paradiso con grossi alberi, fiori e una fontana centrale. Panchine e aiuole sulle quali riposare e meditare, circondati da petali che danzano nell'aria, rendondo magica la sosta.
In questo giardino c'è un albero di ben 400 anni a cui i parigini sono molto affezionati; come contraddirli? Un albero che ha attraversato, pensate, la rivoluzione francese, i movimenti dei grandi artisti, le guerre.
Nelle immediate vicinanze c'è una vecchia libreria di antiquariato e usato, Shakespeare e co., il buon Joyce amava sostare da quelle parti, c'è una vecchia foto che lo ritrae mentre è sulla soglia della libreria, una delle poche foto in cui ricordo che sorride.

Ero seduta in questo giardino paradisiaco pensando a Joyce che probabilmente era passato anche lui a godere le meraviglie di quel piccolo lembo di città arcaico.
-Magari dopo aver acquistato un libro veniva qui a leggerlo - Fantasticavo e mi chiedevo:
- Chissà dove era solito sedersi? Secondo me nei pressi di Nonno albero.

In cuor mio desideravo abbracciare e accarezzare quel mistero della natura ma avevo timore che qualche parigino mi ammonisse, sappiamo che loro ci tengono.

Poi accadde qualcosa di veramente magico: un uomo sorridente, moro, ricciolino, di gradevole aspetto, mi guardò come se mi conoscesse da sempre e prese un minuscolo pezzo di corteccia, dalla base dell'albero e me lo porse nelle mani. Dovetti combattere con me stessa per gioire di quel dono, da una parte pensavo: - se tutti prendessero un pezzo di minuscola corteccia, cosa rimarrebbe di quell'albero? - Ma dall'altra mi sentì scoppiare il cuore per l'immenso dono avuto da uno sconosciuto che seppe percepire il mio più profondo desiderio, realizzando qualcosa che non avrei mai fatto da sola.
- Che ipocrita che sono...- dedussi pensando all'accaduto mentre ero in aereo, tra le nuvole, l'unico momento in cui il luogo dentro me corrisponde agli scenari della realtà.
Nonostante, ancora oggi avverta uno zinzino d'imbarazzo per il dono magico, sono felice di avere un pezzo di quel giardino qui con me. Lo custidisco dentro una scatolina d'argento a forma di frutto di mare e quando avverto la nostalgia di Parigi, la apro e un microcosmo di pensieri mi porta in quel giardino fatato.

mercoledì 10 giugno 2009

Altro che filosofia!

Negli ultimi tempi la sbrodazza catodica ha accozzato tanto di quel materiale creando un blob informe nel cervello, anche nei più critici e agguerriti telespettatori.
E' difficlissimo difendersi dalle scosse di dissestamento mentale a cui si è sottoposti ogni giorno dalla tv, soprattutto ora che è riuscita a sbaragliare l'unico baluardo che proteggeva le persone dalla demenza: il libro.
Trovo patetico chi cerca di vendere un prodotto citando una frase di Gandhi o un koan Zen, servendosi di principi sui quali da secoli sono fondati valori universali.
E perchè? Per vendere una macchina, un pacco di pannolini in più?
Trovo scorretto da parte dei media usare i canali privati della comunicazione, canali che vanno dritti alle emozioni, non è una bella mossa, non fa onore a nessuno perchè sarebbe come giocare a poker con un compare dietro al tuo avversario che ti suggerisce il suo punteggio.
E tutto questo solo per vendere una lattina o un pacco di pasta in più?
Pirati! Scavalcate l'intelletto dello spettatore, entrate sotto coperta e attuate un continuo assalto alle emozioni delle gente per vendere prodotti spesso inutili.
L'elettrodomestico con lo schermo per molte persone è diventato come la palla per Tom Hanks sull'isola: ci parlano, ci giocano, ridono e piangono insieme, addirittura litigano!
Approffittare della situazione è da iene!
Ogni essere su questa terra dovrebbe avere l'opportunità di crearsi una forma di difesa filosofica per passare attraverso gli inganni del suo tempo ma sappiamo, per amara esperienza, che le persone, a volte cercano l'inganno senza essere equipaggiati e rimangono succubi delle illusioni.
La filosofia non è inutile e superflua, come tanti lasciano pensare, anzi, è l'unica mezzo per costruirsi una membrana critica, ironica e molto resistente che può renderci indifferenti alla manipolazione televisiva.
La filosofia è fatta di domande e curiosità sui piccoli fenomeni che osserviamo intorno a noi.
Ad esempio c'è una cosa che mi incuriosisce: perchè si è disposti ad aiutare chi è lontano, con slancio e con amore, mentre si è indifferenti, sovente, a chi è vicino e ha tanto bisogno?
Sinapsi!

martedì 9 giugno 2009

Ma che è sto Daimon?

Ciao,
un abbraccio a chi capita in questo blog. Grazie.
E' un piacere vedere che qualcuno ogni giorno viene a trovarmi.

Dopo le poesie e raccontini oggi voglio essere aperta come l'estate:
ho scritto questo libro, Daimon, dove ho ben inserito una esortazione alla ricerca del vivere consapevole, seguendo il flusso delle vita, delle idee, della fantasia e dei desideri. Ma ad essere sincera applicare queste cose mica è tanto facile!

Rileggendo il mio libro ogni tanto mi sono chiesta se soffro di dissociazione della personalità perchè, seppure sia nella mia selvaggia e folle indole seguire il flusso dei desideri, infatti a forza diseguire ho inciampato e mi trovo con il posteriore per terra, ogni tanto, come in questo momento, mi fermo a pensare e constato che è difficile essere liberi, non tanto perchè c'è qualcosa all'esterno che ce lo impedisce ma perchè vivere la libertà è un impegno, corbezzoli!

Ma poi rinvengo e dopo le insinuazioni della mente, riaffiorano i miei sussurri demoniaci che mi tranquillizzano e così, rifletto e deduco: se sto con il posteriore per terra, sai che c'è per un pò mi riposo e poi pianino mi rialzo.

L'immagine del Diamon è proprio una bella trovata. Bravo Socrate!

Bisogna seguire noi stessi altrimenti non riusciremo a realizzare le nostre virtù.
Qualcuno potrebbe anche rispondere: A me che me frega? Io vojo realizzà soldi!-
E io, oggi, risponderei sulle prime: E hai ragione!
E poi lottando come bestia con me stessa, aggiungerei, violentando la mia lingua: ma non tradire te stesso ------altrimenti te ne pentirai!

Bisogna ammettere che dentro noi convivono, a volte in pace a volte in guerra, parti contrastanti e chi lo sa chi ha ragione? Noi siamo i portatori di tante voci e quando dobbiamo fare qualcosa queste voci sono lì a cinguettare e noi lì a pensare: che faccio adesso?

Dietro a tutte le voci c'è un silenzio e da quel silenzio, mi sa tanto, che dobbiamo capire il da farsi.
Quel silenzio per me è il mezzo attraverso il quale possiamo percepire il Daimon.
Ma quanto è complicato far tacere le voci.
Una abbraccio a tutti!
Angie

sabato 16 maggio 2009

Il 24 Maggio ore 18 presentazione a Montesilvano, sala Di Giacomo, Palazzo Baldoni.

Oscaro Biferi, giornalista


Francesco Di Rocco, Attore Andrea Diletti, cantautore
Ragazzi sono molto emozionata per il 24 Maggio perchè gioco in casa, a Montesilvano, per presentare Daimon, questo libro sulla via della felicità.
Il 24 maggio alle ore 18, oltre all'attore Francesco Di Rocco che leggerà alcuni brani del libro, ci saranno, niente po po di meno, Oscaro Biferi, giornalista e consigliere illuminato di Montesilvano, sensibile alla lettura e il grande Andrea Diletti, cantautore che renderà ancora più prezioso l'evento.
Fatemi un regalo: cercate di essere presenti, so che ci sono comunioni, matrimoni, il sole, il mare, ma la Sala Di Giacomo di Baldoni è bella fresca e confortevole e vi prometto che non vi annoierete!
Popolo di libri, vi aspetto!
Nun me lasciate sola!
Potere ai libri!!!!!

lunedì 4 maggio 2009

Storia di un piccolo Clown

C’era una volta, ma in fondo ancora c’è, un piccolo Clown, dai capelli ricci e gialli, il solito naso rosso e il vestitino colorato.
Il clown era portatore sano di gioia e allegria per la città.
Il suo contagioso buon umore accendeva sorrisi e metteva in fuga la tristezza.
Non chiedeva nulla, solo un sorriso.
Viveva in un prefabbricato piccolo e colorato a tre Km dalla città, abbandonato ormai da tempo. Dormiva su un materasso di foglie di granturco e si copriva con pezzi di lana trovati qui e là. Una nonnetta che abitava in città, ogni mattina lo aspettava per offrirgli fette di ciambellone al cioccolato e un bicchiere di latte e questo gli bastava per ricaricare lo spirito ogni giorno.
Passava la mattina presto per la via dei mercati e salutava tutti i commercianti con un: “Salve!”
Era pronto a danzare nei giardini comunali intorno agli innamorati per rendere magica l’atmosfera.
Camminava tutte le mattine sotto le scuole per salutare insegnanti e alunni.
Era sempre disponibile a scambiare quattro chiacchiere con le mamme che andavano a fare la spesa.
Se vedeva una persona su una panchina da sola e triste andava lì per cercare di tirarla su di morale.
Per il piccolo clown il mondo era un parco giochi e lui si girava tutte le giostre.
Un giorno era vicino al Palazzo di Giustizia e vide un uomo tutto vestito di nero dallo sguardo accigliato e il passo veloce.
Lo seguiva con lo sguardo mentre costruiva insieme a Clochard due ali di carta. Lo vide entrare nel Palazzo e pensò: “ Come è triste quell’uomo”
Il suo amico Clochard lo guardò intensamente e gli disse: “ Allora ti sei fermato?”
“Oh no, solo pensavo che…”
“ Non pensare piccolo Clown e aiutami a finire queste ali”
Improvvisamente ebbe come un incubo: cominciò a notare che tutti gli uomini e le donne che passavano di lì per andare nel Palazzo entravano ed uscivano con la stessa espressione accigliata di quel signore di prima. Alcuni erano pure tanto preoccupati e allora chiese a Clochard:
“Ma sono nuove queste persone?”
“No, ci sono sempre state!”
“ Ma che ha fatto questa gente perché non ride mai?”
“ Non hanno alcun motivo per ridere”
“ Ne sei sicuro?”
“ Non mi pongo il problema.”
Costruite le ali per il suo amico, trasecolato, cominciò a girare la città e per la prima volta in vita sua si accorgeva di quanti accigliati c’erano in città.
Scoprì che c’erano molte persone vestite di scuro che camminavano preoccupate per la città. Persone che avevano un gran privilegio: la possibilità di aiutare chi era ammalato, chi ingiustamente accusato dalla società, o i bambini che dormivano al freddo.
Perché erano così tristi? Strano!
L’ingenuo Clown la mattina seguente si fermò sotto l’androne dell’ospedale e aspettò un dipendente qualunque del servizio sanitario perché voleva sapere il motivo della tristezza di queste persone e se avesse potuto rallegrarle. Passò una giovane donna vestita con un camice bianco e pensò subito che fosse una benefattrice della salute; con grazia la fermò e le disse:
“Buongiorno!”
“ Ma che vuoi? Sei scappato da psichiatria?”
“Io no!”
“Adesso mi sentono quei babbei!”
Se ne andò correndo e furiosa, non era chiaro se fosse più furiosa o se corresse di più.
Allora il Clown pensò di cambiare aria e andare davanti al Palazzo di Giustizia.
Si mise davanti al portone e fermò il primo accigliato vestito di scuro:
“Buongiorno!”
“ Non ho soldi da darti!”
“ Ma io..”
“Uh non ho tempo da perdere!”
E anche questo signore era strano.
Allora pensò di recarsi al Comune per avvertire i simpatici amministratori della città. Mentre correva verso il Municipio pensava preoccupato:
“Loro devono sapere cosa sta accadendo e sicuramente risolveranno la situazione.”
Arrivò davanti al Municipio ed entrò; chiese subito affannosamente ad un signore che era lì seduto:
“Devo dire una cosa importante al comandante della città!”
“ Al sindaco?”
“Si chiama Sindaco?”
“Sì, ma adesso è impegnato, prova al secondo piano stanza TRE”
“Grazie!”
Salì di fretta le scale e entrò nella stanza tre ma dopo averlo guardato con aria di sufficienza lo ammonirono:
“ Fai la fila come gli altri!”
“Oh mi scusi”
“Maleducato”
“ Ma io devo parlare con il sindaco e devo dirgli una cosa importante”
“ Se hai perso il circo il sindaco non può fare niente! AH, Ah!”
“Non ho perso il c…”
“Fuori!! Fai la fila”
Fece un’ora e mezza di fila e poi capì che l'arpia allo sportello non poteva fare nulla se non prenderlo in giro.
Allora si mise su una panchina ad aspettare il sindaco.
Chiedeva a tutti quelli che entravano e uscivano di lì:
“ Tu sei il sindaco?”
Ma non riuscì ad incontrarlo.
Intanto vedeva che le persone diventano sempre più accigliate più strane.
Pensava: “ Ma come mai non me ne sono accorto prima?”
Provava a salutare le persone e a sorridergli ma niente, lo guardavano come se fosse un pazzo.
Rimase seduto su quella panchina per alcuni giorni. Poi improvvisamente si fermò una ragazza bellissima e gli disse:
“ Ciao piccolo Clown”
“Ciao”
“Cosa hai fatto non sorridi più!”
“Che sorrido a fare in un mondo dove nessuno sorride più?”
“ Ma il mondo è sempre stato così; sei tu che non sorridi più, non il mondo!”
Il Clown si girò la guardò e le chiese:
“Sai perché le persone che hanno il privilegio di aiutare gli altri sono tristi?”
“ Come aiutare gli altri?”
“ Guarire le persone, aiutare chi è stato ingiustamente accusato e altro.”
“Ah! Tu parli di Avvocati, dottori e via dicendo?”
“ Non so il loro nome”
La bella ragazza lo guardo intensamente quasi commossa dalla ingenuità del clown, mentre insisteva:
“ Tu sai perché?”
“Dovresti chiederlo a loro”
“Ho provato ma è impossibile, vanno di fretta, sono agitati, sempre arrabbiati e a volte sono anche offensivi.”
“Forse perché…. non lo so”
La bella ragazza si alzò lo salutò e andò via.
Dopo un po’ arrivarono due ragazzi con una bottiglia di birra in mano e un po’ brilli.
“ Ciao piccolo clown!”
“Ciao!”
“ Ma tu non cresci mai rimani sempre piccolo, vai in giro ancora a fare il clown?”
“ Ma io sono un clown!”
“ Quando la finirai di farti prendere per i fondelli dalla gente?”
“ Perché mi prendono per i fondelli?”
“ Tu che pensi? Ah, Ah!”
“ Io non mi ponevo questo problema fino a che non siete arrivati voi!”
“ Piccolo Clown non ti sembra ora di crescere?”
“ Crescere? In che senso?”
“ Ma sei ritardato? Crescere, diventare adulti, trovare un lavoro, sposarsi avere dei figli, giocare al lotto e sperare di vincere tanti miliardi che ti cambiano la vita.”
“Ma a me dei soldi non importa!”
“ Tutti così dicono e poi invece quelli fanno girare il mondo.”
“ Io non so cosa fa girare il mondo ma a me importa solo ridere e godermi il periodo di tempo su questa terra e far ridere anche gli altri.”
“Ma a chi fai ridere tu, sei patetico, vai in giro rompendo le scatole a tutti. Se io non voglio essere allegro non puoi obbligarmi, mi dai pure fastidio.”
“ Oltre a prendermi in giro io rompo pure le scatole?”
“ Sei inutile tu per tutti”
“ Credi davvero?”
“ E’ così”
“ Ma sei tu a pensarlo?”
“ Tutti lo pensiamo. C’è una soluzione: adattati e cresci. Non desideri anche tu un’automobile?”
“No”
“Una casa?”
“ C’è un tetto che mi protegge”
“ Cosa quella baracca?”
“ Io sono felice così.”
“La tua felicità durerà ancora per poco, perché lì il Comune sta per farci una discarica.”
“ Ed io non posso rimanere lì?”
“ Una discarica è tossica, è immondizia”
“ Se è tossica perché la fanno?”
“ A me non frega niente, ma tu non puoi stare lì. La butteranno giù la tua casa.”
“ Ma tu come fai a sapere tutte queste cose?”
“Mio padre è il sindaco di questa città”
“ Come può il sindaco essere padre di un ragazzo come te?”
“ Perché lui è peggio di me!”
“ Non ci credo”
“ Perché non dovresti?”
“Allora a lui non interessa che le persone siano tristi?”
“Non gliene può fregare di meno.”




Il piccolo Clown, si alzò dalla panchina, triste e sconsolato, e cominciò a camminare, camminare e ancora camminare.
Non gli importava nulla del mondo voleva uscire da quel parco giochi, perché non era divertente era macabro.
Improvvisamente si accorgeva di come era putrido il mondo. Ma perché?
“Ma che ci faccio io qui?”
Si chiedeva.
“Chi rende il mondo così?”
Realizzò alla fine:
“Se tutti gli esseri umani sono così anche io diventerò come loro?”
Dormì in un bosco. Sotto un albero.
Aveva fame tanta fame. Si guardò intorno e vide un albero di frutta e pensò:” Per un po’ posso rimanere qui. C’è anche un ruscello”.
Dopo un po’ di tempo si era abituato a dormire sotto le stelle, a mangiare solo frutta e bere acqua del ruscello ma ad una sola cosa non riusciva ad abituarsi: la solitudine.
Gli veniva da piangere, si sentiva abbandonato e triste. Non era vita quella. Era sopravvivenza.
Pensò ad un fatto: “Se torno in città mi sentirò lo stesso solo.”
Come disse il figlio del sindaco c’era un’unica soluzione: crescere.
Come pensò a questa parola abbassò gli occhi e si strappò la parrucca dalla testa.
Si avvicinò al ruscello, si specchiò per l’ultima volta e poi si cominciò a pulire il viso. Via il rosso passione per la vita sulla bocca; via il bianco ingenuità sotto gli occhi e via la spensieratezza del rosso sulle gote e sul naso.
Scoprì che era una donna.

Sincronia dimensionale

Sarà tra breve, un attimo di calma nel vento, e un’altra donna mi partorirà
Kahlil Gibran


Silvia chiuse la porta di casa, infilò la chiave nella serratura e, come di consueto, diede due giri di chiave per sicurezza.
Era seriamente in ritardo e non aspettò l’ascensore, optò per le scale.
Era proprio buffa quella mattina: il cappotto a tre quarti svolazzava dietro di lei come fosse la mantella di un super eroe; i tacchetti delle scarpe scivolavano, sgommando alle curve dei corridoi; la borsa era tenuta nella mano destra come il testimone di una corsa a staffetta; i capelli elettrizzati, con immediato effetto strega e il trucco colante per la corsa affannata. Accadeva spesso la mattina quando si accorgeva di essere in ritardo, ma questa, in particolare le rimase impressa per tutta la vita.
Uscita dal portone, si fermò per un secondo a ricordare dove era parcheggiata la sua vettura. La vide accostata lungo il marciapiede di fronte, a pochi metri a destra; allora schizzò come un fulmine in quella direzione; conquistato il centro della strada, Silvia non s’accorse che da sinistra, ad elevata velocità proveniva un’automobile. In una frazione di secondo, lei si girò e capì che tutta la sua corsa nel tempo era stata la cosa più inutile della vita.
Una stridula frenata, la spinta in aria del suo corpo nel rispetto di tutte le leggi della fisica, un silenzio breve ma profondo e poi un tonfo imprimevano i suoi ultimi pensieri nell’anima, come l’ago di una macchinetta per tatuaggi permea l’epidermide.
Il quadro della realtà scomparve per Silvia, come se fosse una tv con il tubo catodico guasto: anche se la lasci accesa non la guardi più, in attesa che il tecnico la venga ad aggiustare. In mancanza della piena funzionalità della tv, osservi i tuoi familiari, colloqui con loro, ricordi di amarli, cucini con loro prelibatezze fuori orario, così allo stesso modo l’essenza di Silvia si girò verso se stessa e cominciò ad osservarsi e a parlarsi.

Roy e Erin si erano appena conosciuti in un locale a 5 miglia da Adelaide. Si guardavano negli occhi intensamente. Lei sapeva cosa voleva l’affascinante ragazzo, che, con la scusa di offrire una birra, si era seduto vicino a lei e alla sua amica. Erin non era andata in quel locale per rimorchiare ma solo per distrarsi un po’ dal lavoro. Lui era così invitante con lo sguardo di chi potrebbe introdurti in un mondo di fugace ma intenso sollazzo rosso passione. Era consapevole che quello non era l’incontro con l’amore della sua vita ma solo una tentazione del piacere. Lui continuava a parlare del suo viaggio alle isole Figi e con la sua caviglia sfiorava quella di Erin. Mentre Vinicius, dibatteva di politica con Jenny, nel mondo ma isolati da esso, Roy sorrideva e guardava Erin, roteando lo sguardo verso i loro amici che discutevano appassionatamente. Lui le parlava sommessamente chiedendole cosa faceva, dove abitava. E lei ad ogni sguardo, ad ogni domanda di lui si sentiva un’intensa fibrillazione ai muscoli striati dello stomaco. L’apice di questa ipertensione muscolare venne raggiunto quando Roy le chiese, con sguardo diretto e definitivo: “Sei impegnata con qualcuno?”
Erin, che fino a quel momento non riusciva a staccare lo sguardo dalle labbra carnose di lui, abbassò gli occhi.
La risposta a quella domanda era importante. Avrebbe determinato l’esplicito invito ad una notte di fluente piacere.
Erin doveva decidere nel volgere di un attimo se bere, non per idratare lo spirito, ma per soddisfare un capriccio del corpo.
E così rispose: “ No, sono libera”.
Alla parola libera affiancò uno sguardo tendenzioso, che Roy, da buon volpone maschio, raccolse al volo.
Quando due corpi sono tesi l’uno verso l’altro, gli sguardi spingono a giocare a carte scoperte. Non occorre proferire verbo, il nostro corpo si esprime in modo esatto, preciso e comprensibile.
Erin e Roy piroettarono senza rete nell’aria, in un circo vuoto, per tutta la notte.

Il padre di Silvia era seduto nella sala d’aspetto del reparto intensivo di rianimazione.
Guardava i dottori correre avanti e indietro preoccupati.
Giovanna li seguiva, chiedeva agli infermieri come andava la situazione, senza fermarsi mai.
E poi la notizia non tardò più di tanto ad arrivare. Un camicie bianco, a passo semi lento, a testa bassa, con il dito indice curvato, appoggiato sotto il naso, percorreva il lungo corridoio a sinistra della sala d’aspetto. Era diretto verso i genitori di Silvia.
La ragazza era in coma.
Silvia non soffriva. Il suo corpo era lì, su quel letto d’ospedale, ma la sua essenza si era tuffata in un mare avvolto da una luce buia. Seguiva la corrente trasportata su se stessa. La serenità del viaggio rendeva impermeabile l’essenza di Silvia da ogni pensiero e ricordo.
Un invisibile cicerone le sussurrava la via per non perdersi.

La mattina dopo Erin si svegliò, preparò la colazione, si vestì e si avvicinò a Roy che dormiva ancora.
Rimase ad ascoltare il suo respiro per qualche secondo, poi gli diede un bacio sulle labbra e andò via. Il film era terminato.

Silvia era sempre immersa nel mare avvolto da luce buia.
Ma era entrata in una enorme cavità scura in cui l’unica luce era emanata solo dalla sua essenza.
Una sensazione di sicurezza e protezione rendeva tranquilla la permanenza in quella cavità senza uscita.

Erin quella mattina si sentiva scombussolata. Questo stato durò per alcuni giorni. Andò dal dottore dopo aver fatto un test domestico di gravidanza. I suoi sospetti vennero confermati: era incinta di Roy.

I genitori di Silvia erano avvolti dal dolore e dalla profonda confusione provocata dalla scelta da prendere nel caso in cui i dottori gli avessero comunicato la morte cerebrale definitiva. A quel punto probabile.

Silvia stava bene.

Erin aveva già deciso.

I genitori di Silvia avrebbero voluto barattare la loro esistenza con quella della figlia. La morte quando ti passa accanto non va via mai a mani vuote.
Erin entrò in ospedale si adagiò su una sedia della sala d’aspetto con il capo chino e la giacca sulle braccia.
Impose a se stessa di non chiedersi cosa stava facendo; se fosse giusta o sbagliata la sua azione.
Pensò al suo lavoro, alla spesa, al film Casablanca e poi venne chiamata. Si alzò decisa e con passo svelto andava a liberare il suo ventre.

Silvia improvvisamente si sentì affogare, cadere giù nel baratro scuro. Prima lentamente poi acquistando sempre più velocità.

Erin si sdraiò sul lettino dopo la prima puntura pensò che ormai era fatta, non si poteva tornare più indietro. E così fu.

Silvia precipitò in un vortice nero e rosso; superato il vortice scorse una luce e cadde nell’ultimo tratto silenzioso. Mentre si avvicinò alla luce sentì un sussurro di voci. Arrivò alla luce e la oltrepassò.
Un rumore squarciante la spinse ad aprire gli occhi: si era finalmente svegliata.

La finestra

E’ il 1984. La serranda di una finestra al quinto piano si apre.
E’ il primo giorno di scuola superiore di Giovanna: la finestra è della sua camera.
Giovanna si prepara, è molto emozionata; la radio sta trasmettendo Sexcrime. E’ piena di speranza, ha un’intera vita davanti a sé e vuole percorrerla con amore e gioia.
La madre la chiama; ormai è ora di andare alla nuova scuola.
Giovanna esce.
La madre fa scorrere giù la serranda.

1987: la serranda si alza. Giovanna è grande, ora ha 17 anni. I ragazzi le telefono a casa ma lei mostra chiaramente che non le interessa fare la fidanzatina. Le piacciono i ragazzi ma non certo quelli intorno a lei; sogna gli amori impossibili e per il momento sta bene così.
Viene Sabrina, una delle sue due migliori amiche, le racconta di un ragazzo che le piace e poi ascoltano insieme l’ultimo LP di M. Jackson.
Dopo aver volato con Bad, mettono su Thriller e ballano I Want be startin’ something, mentre Tamara, l’altra cara amica, le guarda prendendole in giro.
Poi sognano, sognano, sognano.
Giovanna prende il microfono lo attacca allo spinotto dello stereo e insieme a Tamara e Sabrina registrano le loro voci mentre cantano, recitano, scherzano.
E’ sera: Tamara chiude la finestra e cala la serranda.

1990: Si rialza la serranda e appare Giovanna, visibilmente più grande. Il suo sguardo e più maturo e consapevole. E’ un pomeriggio d’estate. Suona il campanello: un ragazzo. Lei lo invita ad entrare in camera sua, gli dice che non ci sono i suoi genitori; sono partiti.
Si baciano e …
Dopo essere stati insieme, lui le chiede:
Vuoi diventare un avvocato?
No!
Risponde lei.
Allora perché ti sei iscritta a Giurisprudenza?
M’interessa prendere una laurea.
Cosa ti piacerebbe fare?
In realtà io voglio diventare un’attrice.
Lui la guarda e sorride allora lei si alza quasi seccata e riabbassa la serranda.

1992: Giovanna alza la serranda e si stira allargando le braccia; poi torna a studiare: sta preparando un esame.
Viene a trovarla Tamara che è appena tornata dal suo viaggio di nozze.
Giovanna è dispiaciuta, perché in fondo la sua amica si è sposata troppo presto!
Dopo un po’ entra anche Sabrina in camera e chiude guardinga la porta e poi esclama:
Festeggiamo?
Allora Tamara caccia il fumo dalla tasca.
Giovanna e Sabrina stanno preparando una recita per uno spettacolo in una sagra paesana. Sembra che nulla possa cambiare, che tutto sia fisso, fermo, stabile.
Nonostante Tamara si sia sposata resta a sognare con le sue amiche. Le tre ragazze ascoltano la musica e hanno ancora la forza di ergersi in volo con la mente. Ma squilla il telefono: è il marito di Tamara.
Deve andare ora.
Giovanna e Sabrina rimangono sole a sognare.
Sabrina si alza, fa un sospiro e chiude la serranda.

1995: Si rialza la serranda. C’è aria di festa.
Giovanna si è laureata, Tutti sono allegri ma Lei no.
Sabrina, mentre si congratula con lei, le dice:
Allora ci salutiamo adesso, parto domani mattina.
La sua migliore amica va in Inghilterra per seguire il suo ragazzo e non sa quando tornerà, se ritornerà.
Giovanna diventerà un avvocato oppure no.
Diventerà un’attrice oppure no.
Diventerà qualcosa oppure no.

1997: Si rialza la serranda. Giovanna ormai è proprio una donna.
Come il suo primo giorno di scuola superiore la madre la chiama e lei si prepara. Mentre si sta vestendo l’occhio le cade su una foto scattata da suo padre, in cui si vedono lei e Sabrina ballare e sullo sfondo Tamara stravaccata sul letto che le guarda.
Si gira apre l’armadio, tira fuori la toga e la fissa per un attimo.
Dai altrimenti fai tardi!
Le dice la madre.
Giovanna allora esce dalla camera: nel momento stesso in cui la porta viene chiusa la serranda scende di botto da sola: si è rotta.

Storia di una persona vuota

Ogni mattina apriva le palpebre alle 8.00 in punto. Scattava seduto sul letto, sbadigliava e si voltava verso la sveglia. La sua grande sfida consisteva nel bloccarla prima che suonasse. E ci riusciva sempre!
Spostava le coperte e calava i piedi sulle pantofole. Si alzava e andava ad orinare. Poi faceva le solite abluzioni, si guardava distrattamente allo specchio e tornava in camera per vestirsi. Indossava gli abiti preparati con cura la sera prima, prendeva le chiavi, il cellullare ed usciva di casa. Durante questi 10 minuti prima di raggiungere l’ascensore, pensava alle commissioni che doveva svolgere quel giorno in ufficio.
Raggiunta l’automobile saliva e partiva.
Durante il tragitto incontrava sempre tanto traffico per la città, ma è risaputo che ci si abitua a tutto.
Accendeva la radio per ascoltare il notiziario.
Arrivato a destinazione cercava un parcheggio e non lo trovava. Poi esclamava sistematicamente: ” Siamo troppi sulla terra!”
Girava ancora una volta intorno all’isolato senza successo e diceva: ”Ma non potete andare con l’autobus?”
Finalmente dopo appena 15 minuti trovava posto e si fiondava per occuparlo. Scendeva, chiudeva la vettura e si recava al lavoro.
Entrava nell’edificio dell’azienda e pensava: “Neanche il tempo per fare colazione!”
Due minuti alle nove e poi sarebbe stato tardi per timbrare il cartellino. Perciò si precipitava dentro, salutava automaticamente i colleghi e timbrava il cartellino. Andava su in ufficio e diceva al suo taciturno collega: “Vado a fare colazione torno subito.”
Scendeva per andare al bar dove incontrava qualcuno per consumare insieme la colazione, cornetto e cappuccino, velocemente parlavano delle ultime notizie, e una volta uno, una volta l’altro pagavano.
Ritornava in ufficio, riparlava con il collega, se questi però era di buon umore, ma era difficile che fosse così, delle ultime notizie e poi cominciava a lavorare tra piccole pause e noia fino alle due. Al termine delle ore di lavoro raggiungeva l’automobile e tornava a casa.
Una volta in casa, accendeva la Tv, si preparava il pranzo e poi mangiava.
Finiva, tra una cosa e l’altra alle 15.30, compreso lavare i piatti, poi si sedeva sul divano, mentre guardava la tv si stendeva e si addormentava.
Si alzava alle 16.30 andava in bagno per il bisogno finale. Si sciacquava il viso e usciva in alternativa per:
acquistare vivande per il giorno seguente;
andare a trovare la madre;
andare a prendere una videocassetta in noleggio.
Solo eccezionalmente usciva per l’acquisto di un capo di abbigliamento o altro oggetto.
Il sabato e la domenica non lavorava ma si svegliava sempre prima del trillo della sveglia. Raramente si riaddormentava. Ma se lo faceva solo per pochi minuti.
Comunque il sabato si alzava accendeva la tv e si dedicava alle pulizie e alla grande cucina, se non era invitato a pranzo dalla mamma.
Il sabato sera in alternativa:
cenava dalla mamma e poi si guardavano il programma della Rai legato alla lotteria del 6 Gennaio;
noleggiava una videocassetta;
In media una volta ogni due mesi veniva invitato a cena da un amico di vecchia data sposato e con due fastidiosissimi ragazzini.
Gongolava quando ogni due o tre mesi si organizzavano le cene con i colleghi d’ufficio, durante le quali spesso si parlava di lavoro e c’era anche la possibilità di stringere amicizie anche se a lui non accadeva.
Due o tre volte all’anno poteva risolvere la domenica con un invito ad un matrimonio o comunione, magari a un Battesimo. In queste feste sua madre coglieva sempre l’occasione per presentargli qualche ragazza.
Più di una volta questi incontri diedero buoni frutti. Infatti una volta ne conobbe una con la quale si frequentò per sei mesi. Andavano al cinema insieme, a cena, a teatro. Riuscirono a consumare ripetuti amplessi, ma quando lei cominciò a parlare di vivere insieme, lui si sentì preoccupato e soffocato. Così nei giorni seguenti non rispose più al telefono, né al citofono, evitò i posti frequentati anche da lei, limitando ulteriormente il suo mondo, trasformato ormai in gabbia. E per un periodo accorciò le visite alla madre.
Nel mese di Agosto piombava spesso l’angoscia; dopo aver sognato per tutta l’estate di partire per un viaggio organizzato, alla fine non trovando un amico, sceglieva per disperazione di accompagnare la madre alle terme.
Quell’anno il forte desiderio di visitare il Portogallo gli fece toccare il fondo. Dopo aver proposto a tutti, persino ad un suo amico con seri problemi alla proposta, che rifiutò perché doveva andare a Lourdes con un gruppo catecumenale, si fece coraggio e chiese alla mamma di accompagnarlo.
Per convincere la vecchia, che sulle prime non voleva rinunciare alle cure, la allettò con la ambita meta al santuario di Fatima.
La vecchia accettò.
Partenza ore 4.30 con aereo di linea diretto a Lisbona.
Era la prima volta che la dolce nonnetta prendeva l’aereo, soffriva di reflusso gastrico e al decollo ebbe un attimo di panico che provocò un turbamento intestinale, che sfociò in diarrea. A nulla valse la tempestività del figlio nel portarla in braccio al gabinetto. Appena ripulito il danno, la madre ebbe nuovamente fame e l’hostess le offrì così un invitante spuntino, ma dopo alcuni minuti, a causa di una violenta perturbazione vomitò tutto.
Alla fine arrivarono nella fantastica Lisbona.
Alle 6.00 del mattino il vento costante di Lisbona era più che fresco e la vecchietta prese subito un colpo di freddo ai reni. salirono su un pullman senza gabinetto e ogni 15 minuti la mamma doveva orinare, dovendo trattenere, ogni fossa che il pullman prendeva senza riguardo per il figlio, urlava a voce alta:
“ Io non ci volevo venire! Tutta colpa tua. Io volevo andare alle terme!”
Arrivati in Hotel mise a riposare la madre in camera e finalmente uscì per visitare la città.
Passeggiava nel suggestivo quartiere del Chiado, ascoltando in lontananza malinconici canti fados, quando gli si avvicinò, amichevole ed intrigante un tipo del posto che sorridente gli disse:
“Italiano?”
“Si”
Il tracagnotto avventore, circospetto, cacciò una mano con sopra erbetta secca e con l’altra indicava che serviva a fumare portando le due dita alla bocca, dicendo continuamente: "Tranchillo! No problema"
Lui reagì sconvolto:
“Eh! No!”
Il gretto venditore di fumo, intelligente, prima rimise in tasca le mani, poi si scusò con esagerata umiltà e gli propose di accompagnarlo per la città, gratis.
Lui ci pensò e poi, curioso e ingenuo, accettò volentieri.
Girando per la città, per ore ed ore, all’imbrunire venne accompagnato dal suo cicerone davanti ad un pornoshop; si stava quasi convincendo ad entrare, eccitato dalla nuova sistuazione, lontano da tutto ma gli venne improvvisamente in mente il volto della madre e rifiutò, preso da un attacco di senso di colpa.
Allora il tipo, senza sosta, lo portò in un transex club ma lui lo guardò quasi offeso e gli disse puntando il dito molliccio in avanti:
“Non ti permettere più Eh! Forse è il caso che prosegua da solo.”
“ No senior!”
“Và, và,và!”
Giunti all’altezza di un vicoletto buio,lo strano accompagnatore gli diede uno spintone e lo buttò contro un cassonetto dell’immondizia, lui sbattendo violentemente la testa, perse i sensi, e l'energumeno non esitò a rubargli il portafogli.
Dopo una mezz’oretta un gruppo di goliardiche ragazze strafatte di tabacco e Bacco del Kansas in vacanza, passando di lì, si fermarono a guardarlo e una di loro propose di fargli uno scherzo: truccarlo e vestirlo da donna. Una gli sistemò il viso con del maquillage veloce, un’altra gli mise indosso la sua casacca acconciandogli il suo foulard Giallo e Verde in testa e poi andarono via cantando e pogando per la strada.
Dopo alcune ore lui si risvegliò stordito, sentendo una voce che chiamava Amanda.
Si alzò e cominciò a camminare per la città trasecolato e senza memoria fino a quando un gruppo di ambigue ragazzone lo salutò. Così lui tornò indietro, fermò le simpatiche tipe e chiese loro:
“ Mi conoscete?”
“No amore ma se vuoi molto volentieri, io sono Drusilla lei è Carol e lei MoMy. Tu come ti chiami amore?”
Ci pensò un pò e poi rispose: “ …Amanda”.

Nel frattempo nella stanza d’albergo la madre si svegliò di colpo, dopo aver dormito ininterrottamente per 24 ore perché stava soffocando e chiedeva sommessamente:
“Aiuto!”
Le sue ultime parole disperate prima di morire furono con un alito di fiato:
“Le terme!”
Subito dopo morì.
La mattina seguente, le donne delle pulizie aprirono la stanza della madre e credendo che stesse dormendo, la richiusero piano piano.

Intanto "Amanda" si risvegliò il pomeriggio alle 15.00 circa, in un accogliente salottino, tutto circondato e ornato di drappeggi, stoffe colorate vivacemente.
Si guardò intorno e quel posto le era completamente sconosciuto e familiare allo stesso tempo.
Il divano sul quale era adagiato era comodissimo, di colore blu e lilla a fantasia.
Di fronte c’era un tavolino di stile indiano, ornato con delle pietre colorate e intarsiato; le pareti della stanza erano state dipinte di lilla pastello.
Un costante, a tratti più fitto, dolore all’ano, le fecero ricordare la folle notte trascorsa tra sesso, alcool e cocaina con le sue nuove amiche.
Compiaciuto del grande successo ottenuto durante la festa, dopo essere andata al gabinetto e aver fatto un lungo bidè, andò in cucina a preparare la colazione.
“Ciao tesorino candido!”
Le tre nuove amiche, nonché padrone di casa, in tenuta notte, con vestaglie di tulle, contornate da boa di piume viola, giallo e turchese, con ciabattine di velluto con pon pon e tacchetto, le diedero il meraviglioso buongiorno.

Morale: sembra proprio che a volte ci vuole una sonora bastonata da perdere i sensi per capire chi sei veramente e quello che vuoi.
Se si potesse portare con sè un pizzico di adolescenza nella vita sarebbe già una vittoria!

Cera e organza


C'era vita e ora non c'è più.
Quando piango
non mi dire che Amore è bello,
sento troppo dolore.


Dio mio,
ma tu esisti o sono solo io?
Il mio vento folle spinge al baratro il cervello;
la carne viene e mi illude.
Pace geme d'incanto.


Chi sono gli altri?
Rumori nell'anima!
Quiete acqua azzurra.
Torrente in tumulto.


Un cuore nero di porfido
scaraventato nel Nulla.
Cruda macilenta passione.
Giorni grigi e non sapevo perchè.


Sono qui e mi basta.
Questo non lo ricordavo più!
Ora e mai sono la stessa cosa
in un dì andrò via anch'io,
tempesta tumultuosa e rami spogli.


Ibridi imbrogli ho cercato e patito
ma ora non li ricordo più.
Sulle rive del Piacere sovrano
di cera e organza
apostoli in croce
per volere del tiranno.


Nulla è fisso per sempre.
Rollè di carne tra i portici
del mondo, godere le gioie
della vita, oh povera me, è dura.
ho paura del mio Essere Naturale
e finge il destino che non sia così.


Siamo soli
tutto è inganno e
pur potrebbe sparire.

venerdì 24 aprile 2009

L'appuntamento dell'Eternità

Mancai all'appuntamento dell'Eternità,
in una sfera di cristallo depositammo i nostri cuori
per consegnarli all'ignoto.

Nel mare di Maya dimenticai chi sono,
nel canto di Lila sentì il richiamo.
dell'Essere che soffiava sull'Anima.

Scavai nella carne per ricordare te,
Viaggiai nella Follia per parlarti
ma i miei sussurri non arrivarono.

Mancai all'appuntamento dell'Eternità,
quante vite dovranno passare
prima che possa ricongiungermi a te
prima che io possa riavere il mio cuore.

Speriamo che l'Universo abbia bisogno di me


Cosa farò mentre ti aspetto?

Andrò in giro burlandomi della gente,

riderò di loro rotolandomi per terra,

loro che prendono tanto sul serio le cose della vita.


Cosa farò mentre ti aspetto?

Invierò i miei messaggi silenziosi all'Universo

per chiedergli se ha bisogno di me,

così lo aiuterò mentre ti sto aspettando.


Cosa farò mentre ti aspetto?

Amerò qualcun'altro

e m'illuderò che sia vero amore,

e magari l'amore potrebbe diventar vero.


Cosa farò se tu non verrai?

O se verrai e io amerò un altro?
O se mi passerai accanto e non saprò riconoscerti?

Cosa farò?


Speriamo che l'Universo abbia bisogno di me.

mercoledì 22 aprile 2009

L'angelo, il militare e la donna elegante

Un Angelo, un Militare e una Donna elegante decisero di partire per un viaggio e siccome andavano nella stessa direzione, divisero le spese del noleggio di un'automobile.
L'Angelo era molto ottimista, troppo ottimista, con dei picchi nauseanti di altruismo.
Il Militare era spartano, silenzioso, pronto, scattante, ligio al dovere.
La donna elegante era vanitosa, egocentrica, logorroica, snob e immatura.
Durante il viaggio su una strada solitaria, in un giorno afoso d'estate, videro un vecchio disidratato che chiedeva un passaggio.
L'Angelo, che era alla guida, era pronto a fermarsi per soccorrere il vecchietto, il Militare non si pronunciò, mentre la Donna elegante, che era dietro, obiettò che avrebbe potuto essere sporco e rovinare il suo bel vestito.
L'Angelo le disse: "Non possiamo lasciarlo per strada, come farà con questo caldo?'"
"E' un problema che non mi riguarda!"
Rispose la Donna elegante.
"Non condivido questo tuo atteggiamento."
Insistette l'Angelo.
"Facciamolo salire!"
Disse perentorio il militare solo perchè irritato dalla voce della Donna elegante.
Il vecchietto salì sull'auto e prese posto accanto alla Donna, poco cordiale e schiva.
Durante il viaggio, effettivamente l'olezzo di sudore dell'ospite si espandeva nella vettura ma il militare aveva la sinusite e non sentiva nulla.
L'Angelo e la Donna però si guardavano attraverso lo specchietto retrovisore centrale. L'Angelo si mostrò soddisfatto della buona azione ma la Donna continuava a muovere il naso come un criceto, alternando annusate con smorfie di disgusto.
Il militare incurante della situazione, non distoglieva lo sguardo dalla strada.
Il vecchietto, arrivato a destinazione, scese.
La Donna obbligò l'Angelo a pulire l'auto e i due litigarono. Il militare, disinteressato e stizzito, impose ai due una tregua per ripartire.
Il militare consumò il suo turno di guida.
L'Angelo era dietro sdraiato.
La Donna elegante era seduta accanto al Militare che non le dava un minimo di confidenza, concentrato sulla strada.
La Donna elegante fu colta da un raptus di logorrea interminabile, il militare sopportò con silente rabbia quelle sciocchezze che avevano riempito l'auto di tensione, sino a quando, a corto di argomenti, la Donna elegante cominciò ad obiettare anche sulla sua guida; il Militare si voltò con sguardo truce incenerendo ogni sua parola.
In quel momento l'Angelo si svegliò e guardò il militare in cerca di comunella, simulando sopportazione, ma il militare non si fece coinvolgere e mostrò voluta indifferenza.
"Ora tocca a me a guidare!". Ragliò la Donna.
Il militare si fermò e le lasciò il posto di guida senza proferir parola.
Lui voleva solo arrivare alla fine del viaggio, esausto dello psicodramma in corso.
L'Angelo disse: "Perchè non ci fermiamo qui per vedere il panorama?"
Il militare dissentì mentre la Donna per dispetto al Militare aderì entusiasta alla proposta.
L'Angelo e la Donna guardavano il panorama mentre il Militare non scese dall'auto anzi sollecitava per partire pigiando il clacson.
Con enfasi misericordiosa l'Angelo disse: "Dai, vieni anche tu a vedere a il panorama!"
"No, voglio ripartire!" rispose, alquanto irritato, il Militare.
"Uffa, che grezzo essere privo di sensibilità!" Esclamò la Donna elegante mentre sventolava un ventaglio piumato viola.
Al Militare trasalì rabbia, così scese dall'auto e gridò: "Tu mi hai veramente scocciato se tu non fossi una donna ti avrei già preso a pugni!"
"Orsù calmati! Non perdiamo la testa." Cercò di calmare gli animi l'Angelo e rivolgendosi alla Donna disse:"E lei, sia cortese con il signor Militare".
"L'unica cosa buona che può fare è tacere per tutto il resto del viaggio!" Esplose il Militare.
"Sta zitto uomo rozzo." velenosa come un serpente, la Donna cominciò a pronunciare una serie di epiteti, minacce, offese che ricaddero sul Militare in ebollizione come una pentola d'acqua salata. Il Militare stava per reagire quando si avvertì il rumore di un motore in accensione. Si bloccarono, si girarono e videro che qualcuno aveva rubato la loro auto.
Le loro strade, così si separarono: il Militare andò a piedi, la Donna fece l'autostop e l'Angelo si ricordò che aveva le ali.